domenica 18 settembre 2011

La differenza di Dio (di Padre Valter Maria Arrigoni)

Nelle due domeniche precedenti, la Parola di Dio ha evidenziato la vita interna delle comunità cristiane. La condotta da tenere verso i fratelli che peccano il dovere del perdono reciproco derivanti dal fatto che la Chiesa è una comunità di peccatori perdonati. L’uomo religioso è un cercatore di Dio. La sua ricerca è tanto più appassionata quanto più si avvicina colui che solo può soddisfare il desiderio dell’uomo. Coloro che sono chiamati fino dal mattino, gli operai della prima ora, hanno subito, fin dall’inizio il dono di Dio, del padrone del campo: il dono della fede e del senso della vita. Gli latri operai lo scoprono man mano che la vita va avanti. Alcuni poi lo scoprono all’undicesima ora, al termine della vita. Quanti oggi non cercano neppure perché si accontentano di quello che il mondo offre: denaro, potere, sesso. Le famose tre “P” che secondo i padri monaci del deserto sono la radice di ogni male: pecunia, potestas, passio. Ci sono persone che attraversano il mare della vita seguendo la luce di questi fari convinti che sia l’unica luce, la vera luce. Stanno alla porta delle nostre chiese e bussano per poter entrare ma si trovano davanti operai della prima ora che invece di condividere la gioia del dono condiviso, della vita che finalmente, anche se tardi comincia, stanno solo a recriminare. Non sono coscienti del dono che hanno ricevuto, della pienezza di vita che hanno potuto vivere. Molti “credenti” della prima ora pensano che la fede e la religione abbiano tolto loro delle occasioni di essere felici secondo il mondo, il mondo che un po’ per volta hanno lasciato entrare in se stessi ed ha preso sempre più spazio fino a diventare il loro modo di pensare, di giudicare, di essere, di vivere. “Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri” così ci dice Dio nella prima lettura attraverso il profeta Isaia. Dio ci fa prendere coscienza di come ormai pensiamo, giudichiamo, viviamo. Oggi e qui. Queste parole ci vengono ridette perché sono valide e vere non solo per il popolo di Israele allora ma per il popolo della Chiesa oggi e qui. Cercare Dio è diventare come Lui, ascoltare la sua Parola non è solo sentirla distrattamente durante la Messa, magari pensando ad altro, forse anche pregando il rosario, ma è fare ciò che dice. “Chi ascolta le mie parole e le mette in pratica sarà per me fratello, sorella e madre”. Come potremo metter in pratica la via della salvezza se neppure la conosciamo? Peggio se siamo come coloro “che presumevano di essere giusti e giudicavano condannandoli gli altri”. Gli operai della prima ora sono solo capaci di mormorare contro Dio perché è misericordioso. “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi che abbiamo sopportato il peso della giornata ed il caldo”. Ancora una volta siamo di fronte alla radicale differenza fra il modo di pensare di Dio e quello del mondo che è diventato il nostro. Da un punto di vista sindacale, legale, umano, noi la pensiamo come loro. Dio è ingiusto! Eppure la sua risposta ci illumina, ci aiuta a capire come la pensa, ci indica come dovremmo pensare ance noi. “Amico (è la stessa parola con la quale Gesù saluta Giuda nell’orto degli olivi!), io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. E Gesù conclude questa parabola dicendo: “Così gli ultimi saranno primi e i primi saranno, ultimi.” Ricordiamoci come finiva il Vangelo domenica: “Così il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello”. E due domeniche fa, sempre parlando della comunione fraterna: “Se due di voi si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà”. Forse le nostre preghiere talora non sono esaudite perchè tra noi, nelle nostre comunità, non c’è amore, unità, pace, concordia? Peguy, i poeta francese, scrive: “Vi sono due formazioni, vi sono due estrazioni, vi sono due razze i santi in cielo. I santi di Dio provengono da due scuole: dalla scuola del giusto e dalla scuola del peccatore. Per fortuna che il maestro è Dio. Per fortuna che non c’è gelosia in cielo”.

Padre Valter Arrigoni

Monaco diocesano

venerdì 9 settembre 2011

La catechesi di Padre Roberto Cattaneo (o.f.m. Cappuccini, Tortona)

Carissimi
"Ad Jesum per Mariam"

Molte volte i nostri percorsi umani ci inducono a seguire le vie del mondo, certamente con l'attenzione e la severità di chi vuol sfidare i fatti e le circostanze a partire dalle proprie certezze o ideali. Le intenzioni, il più delle volte, sono buone ma il risultato diventa spesso deludente e scoraggiante nella ripresa. Forse perché ancora una volta ci siamo fidati più di noi stessi e delle nostre capacità umane che non dell'incontro con Cristo e sua Madre che hanno generato nella nostra vita un impeto nuovo ed una luce consistente di forza.

Carissimi amici cosa dobbiamo fare per non arrenderci? Perché a volte, nonostante i nostri buoni propositi spirituali, ci troviamo ancora da capo? Qual'è la via più sicura per non vivere nella delusione di chi ormai non ha più nulla da sperare e perciò continua a dire "tanto le cose non cambieranno mai"?

La meditazione di questa sera ci incoraggia ad andare incontro a Cristo attraverso Maria. "Signore da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna". Si, carissimi fratelli e sorelle, l'unico ideale che noi abbiamo, oserei dire l'unico "vanto", rimane Cristo, rimane la sua croce, rimane la sua vittoria sulla morte, rimane la sua gloria nella resurrezione che abbraccia tutti gli uomini di tutti i tempi dal passato, presente e futuro.

La Vergine Maria, attraverso la preghiera che ogni giorno innalziamo a Lei, ci permette di comprendere tutto questo, come Francesco d'Assisi che diceva che "si può essere felici solo donando la vita per un ideale". Carissimi tutti, ogni giorno la prima e la più grande preoccupazione che dovremmo avere, per garantire la felicità delle giornate, è solo il coinvolgimento nostro con il mistero di Cristo, fascino e luce per i nostri cuori. Senza l'immedesimazione con tale mistero tutto è vano, persino l'essere Ad Jesum per Mariam. Non si può appartenere a Gesù attraverso Maria se il Tutto di questo Mistero, nell'integrazione della nostra vita spirituale, non è messo al centro.

Come rileva l'attuale Papa, chiedi di diventare ogni giorno santo, ma senza estraniarti da quel contesto di vita quotidiana che il buon Dio ti ha donato. "Santità è fare qualcosa di bello ogni giorno per Dio, ma anche riconoscere ciò che Lui ha fatto e continua a compiere in noi e per noi". Ecco, allora, il nostro percorso per non restare delusi. Insieme a Cristo, insieme a Maria, insieme a tutta la Chiesa, insieme ai fratelli della comunità e con loro percorri questo ideale di santità. Ogni giorno, qualunque sia la tua condizione, la tua sofferenza o il tuo dolore, il tuo problema, immergiti nella quotidianità, consapevole che Cristo è con te ed allora annunzierai la gioia al mondo intero perché tu diventerai portatore di santità.

Lasciamo allora al Papa la conclusione di questa pagina, affinché la memoria dell'incontro con Cristo e Maria diventi per noi l'unico nostro vanto. "Imitate Francesco e Chiara nel loro filiale affidamento alla Madonna e cercate in Lei calore e protezione. Stringetevi a Maria, Madre dolcissima, che da secoli la Chiesa invoca come causa della nostra gioia. Sarà motivo di gioia anche per voi, perché Maria è per tutti madre premurosa".

Santi e Angeli di Dio
benedite tutti noi
Padre Roberto Cattaneo
o.f.m. cappuccini Tortona

Compito Spirituale: leggere una pagina del vangelo tutti i giorni

lunedì 5 settembre 2011

Com'è difficile perdonare... (di P. Valter Maria Arrigoni)

Pietro chiede a Gesù quante volte deve perdonare il fratello che lo offende. “Sette volte” è già, nella mentalità ebraica, un cifra che indica “sempre”. Il sette è infatti un numero perfetto, un numero che indica la totalità. Gesù gli risponde “non sette ma settanta volte sette”, come dire “sempre all’infinito”. Siamo nella aritmetica simbolica secondo la quale sette indica la totalità e settanta, cioè dieci volte sette, (anche il dieci è un numero perfetto, anzi divino, perché è dato da tre volte tre più uno). Per spiegare a Pietro, ed anche a noi che oggi leggiamo il suo Vangelo, cosa significa perdonare, racconta una parabola. Un re chiama i suoi debitori per saldare i conti. Se ne presenta uno che gli deve diecimila talenti. E’ una cifra esorbitante che corrisponde a circa dieci milioni di euro, corrisponde alla tassa che il regno di Erode doveva ogni anno all’imperatore. Il debitore non aveva di che saldare il suo debito ed implora una proroga. Il re commosso gli abbuona il debito e lo lascia libero di andare. Uscito dalla sala del trono questo servo incontra un altro servo che gli deve pochi denari,come a dire cento euro. Lo aggredisce e lo fa gettare in prigione. Gli altri servi, davanti a questo atteggiamento vanno dal re e gli riferiscono l’accaduto. Allora il re convoca il malvagio e lo fa gettare in carcere, gli toglie tutto, prende come schiavi la moglie e i figli di quest’uomo, perché a lui era stato cancellato un debito immenso, incommensurabile,lui era stato perdonato e non aveva saputo perdonare. La sua cattiveria, la sua avarizia, la sua grettezza non gli avevano saputo far cancellare un piccolo debito. E’ un episodio del Vangelo fatto di numeri simbolici ma soprattutto fatto di proporzioni smisurate. Il re è Dio contro il quale noi pecchiamo, ed ogni peccato come un debito che apriamo con Lui. Poiché la grandezza del reato dipende anche dall’importanza della vittima, qui si tratta di “lesa maestà”, la vittima è Dio stesso, il re, l’imperatore. Il debito viene descritto con una cifra pari a quanto il re deve al suo imperatore. Il servo è ogni essere umano che contrae con un altro uomo credito descritto con una cifra piccola. Non c’è confronto fra quello che dobbiamo a Dio e quanto ci dobbiamo fra di noi. “Con la misura con la quale perdonate sarà perdonato a voi” dice Gesù nel suo Vangelo. La misura del nostro perdona non deve dipendere dalla grandezza del nostro cuore o dalla orgogliosa presunzione con la quale guardiamo ogni cosa fatta a noi, ma dal perdono, e dalla misericordia, con il quale Dio ci giudica, ci ama, ci guarisce. Ancora una volta siamo chiamati a guardare più in alto dell’orizzonte della terra. Ancora una volta siamo chiamati a pensare come pensa Dio. Dio è amore. Anche noi siamo chiamati ad amare. La domanda di Pietro nasce dalla sua umanità, dal fatto che si vede spesso ferito dagli altri, dalle loro parole, dai loro gesti, dai loro atteggiamenti. Il perdono, diceva mons. Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione, è disumano. La nostra umanità, la nostra carne, quello che nel Vangelo viene chiamato “il mondo” non è predisposto al perdono. Perdonare appartiene al cammino dell’ascesi, è frutto della conversione. Basta pensare la legge umana che si basa sulla legge del taglione, “occhio per occhio, dente per dente”. Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. I sociologi spiegano che la legge del taglione è già i sego di una evoluzione della civiltà perché comunque pone un freno e non permette l’esagerazione nella reazione, nella vendetta. Quando Gesù risponde a Pietro che deve perdonare settanta volte sette, non intende che deve essere disposto a subire un’infinità di offese ma che il rancore, l’odio, il ricordo del torto subito, gli torneranno alla mante e nel cuore una infinità di volte ed ogni volta deve stendere il mantello del perdono e della misericordia sulla persona che gli ha fatto del male. I perdono del quale siamo capaci noi uomini infatti non dimentica il torto subito. Ogni persona consiste nella sua memoria. Io sono i miei ricordi. Mi è impossibile dimenticare. Il dolore, il male che ho dentro non posso eliminarli, non posso scordarli. Solo il perdono di Dio, ci insegna Gesù Cristo, è capace di dimenticare e quindi di darci la possibilità di una vita nuova, di un altro inizio. Medito da tempo su questa parabola e mi ritrovo però una domanda dentro: quante volte io stesso ho seminato la zizzania del dolore, dell’odio, del desiderio di vendetta nel cuore degli altri? Io stesso mi sento vittima della cattiveria di qualcuno, della sua acida disumanità. Certe volte invece di sentirmi peccatore perché incapace di perdono mi sento vittima di chi mi ha provocato, di chi ha generato nella mia anima del male. “Stavo tanto bene… perché sei venuto a farmi soffrire?” anche questo anno il mio ritorno a Foggia è stato segnato da un furto. L’anno scorso mi è stata rubata l’auto e questo anno ho trovato la casa svaligiata. L’anno prossimo mi devo forse aspettare di essere ucciso? Sinceramente faccio fatica a perdonare. Mi sento indifeso, insicuro anche dentro casa. Guardo le persone con sospetto. Certo che non hanno preso quasi niente perché non c’era niente da prendere ma hanno lasciato nel cuore del male, dell’odio, della maledizione. Sono lontano dal saper perdonare settanta volte sette. Sono lontano dall’iniziare un cammino di conversione. Ancora una volta devo confessare che la mia legge non è quella dell’amore che Gesù mi insegna, mi testimonia. Amo perché sono amato.


Arrigoni Valter

Monaco diocesano


martedì 14 aprile 2009

BENEDETTO XVI - “Esiste un ponte tra il Cielo e la Terra: il Sacramento dell’Eucaristia”


CASTELGANDOLFO - Esiste "un ponte fra il mondo e la vita eterna, sul quale ogni uomo e ogni donna puo' passare per giungere alla vera meta del nostro pellegrinaggio terreno". Lo ha detto Benedetto XVI tornando a parlare della Pasqua alle migliaia di fedeli che lo hanno seguito a Castelgandolfo, dove trascorre qualche giorno di riposo. A gettare questo ponte e' stata "la Risurrezione del Signore", ha spiegato il Papa, rilevando che essa "ci assicura che il piano divino della salvezza si compira' certamente". "Gioisce pertanto la comunita' cristiana", ha commentato. E dunque, "la Pasqua e' veramente la nostra speranza: risorti con Cristo mediante il Battesimo, dobbiamo ora seguirlo fedelmente in santita' di vita, camminando senza sosta verso la Pasqua eterna, sorretti dalla consapevolezza che le difficolta', le lotte, le prove, le sofferenze dell'umana esistenza, compresa la morte, ormai non potranno piu' separarci da Lui e dal suo amore". "Il Figlio dell'uomo, crocifisso, pietra scartata dai costruttori, e' diventato - ha scandito il Papa teologo - il solido fondamento del nuovo edificio spirituale, che e' la Chiesa, suo Corpo mistico. Il popolo di Dio, che ha Cristo come suo capo invisibile, e' destinato a crescere nel corso dei secoli, sino al pieno compimento del piano della salvezza". Cosi', mediante la Chiesa, il Signore e' presente nella nostra vita. "Quest'assicurazione di Gesu' - ha ricordato il Pontefice - si realizza soprattutto nell'Eucaristia; e' in ogni celebrazione eucaristica che la Chiesa, ed ogni suo membro, sperimentano la sua presenza viva e beneficiano di tutta la ricchezza del suo amore. Nel Sacramento dell'Eucaristia, il Signore risuscitato ci purifica dalle nostre colpe; ci nutre spiritualmente e ci infonde vigore per sostenere le dure prove dell'esistenza e per lottare contro il peccato ed il male. E' lui - ha proseguito - il sostegno sicuro nel nostro pellegrinaggio verso l'eterna dimora del Cielo. La Vergine Maria, che ha vissuto accanto al suo divin Figlio ogni fase della sua missione sulla terra, ci aiuti ad accogliere con fede il dono della Pasqua e ci renda fedeli e gioiosi testimoni del Signore risuscitato". "La gioia pasquale si sente, la sentiamo". Cosi' Benedetto XVI ha poi risposto sorridendo all'entusiasmo incontenibile dei circa tremila fedeli che gremivano il cortile della residenza estiva di Castelgandolfo e che piu' volte lo hanno interrotto applaudendo e gridando "viva il Papa". "Gesu', Dio lo ha risuscitato, e noi tutti ne siamo testimoni", ha quindi ripetuto il Pontefice ai pellegrini arrivati dalla Polonia, che si sono uniti agli italiani nelle manifestazioni di affetto. "Che la nostra testimonianza della Risurrezione di Cristo diventi - ha auspicato Benedetto XVI - sorgente di speranza per tutto il mondo". Il Pontefice ha infine rivolto un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana. "In particolare - ha detto - saluto i fedeli della parrocchia San Pietro in Albano Laziale, accompagnati dal Vescovo e dal parroco. Mi felicito con voi per l'iniziativa dell'adorazione Eucaristica continuata che avete intrapreso ed inoltre volentieri benedico i rosari che portate con voi. A tutti - si e' infine congedato il Papa - auguro nuovamente Buona Pasqua".

lunedì 13 aprile 2009

Il Signore è risorto! E' veramente risorto! Allelúia!

Alla vittima pasquale,
s'innalzi oggi il sacrificio di lode.
L'agnello ha redento il suo gregge,
l'Innocente ha riconciliato noi peccatori col Padre.
Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello.
Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa.
«Raccontaci, Maria: che hai visto sulla via?».
«La tomba del Cristo vivente,
la gloria del Cristo risorto,e gli angeli suoi testimoni, il sudario e le sue vesti.
Cristo, mia speranza, è risorto;
e vi precede in Galilea».
Sì, ne siamo certi: Cristo è davvero risorto.
Tu, Re vittorioso, portaci la tua salvezza.
Amen. Allelúia.

Ero cieco

Ed è venuto LUI,

la Luce vera,

ad illuminare le mie tenebre.


Ero morto

Ed è venuto LUI,

la Vita,

a farmi risuscitare.


Ero nel peccato

Ed è venuto LUI,

il perdono,

e mi ha ridato gioia e libertà.


Ero caduto nel baratro della morte, del peccato, del buio,

ed è venuto LUI,

Buon Pastore

Mi ha cercato, mi ha trovato, mi ha caricato sulle spalle

E mi ha riportato nella sua casa.


BUONA PASQUA DI PERDONO, PACE, TENEREZZA, LUCE E VITA NUOVA.

Valter, eremita
Pasqua 2009

domenica 12 aprile 2009

Il Signore è risorto! E' veramente risorto! Alleluia.

Cristo risuscitato dai morti non muore più

Dalla lettera di S. Paolo apostolo ai Romani Rm 6, 3-11

Fratelli, non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Se infatti siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione. Sappiamo bene che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui, perché fosse distrutto il corpo del peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato. Infatti chi è morto, è ormai libero dal peccato. Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Per quanto riguarda la sua morte, egli morì al peccato una volta per tutte; ora invece per il fatto che egli vive, vive per Dio. Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù.
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura At 10, 34a. 37-43
Noi abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti.
Dagli Atti degli Apostoli
In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti. E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome».
Salmo Responsoriale Sal 117
Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo.
Oppure:
Alleluia, alleluia, alleluia.
Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».
La destra del Signore si è innalzata,
la destra del Signore ha fatto prodezze.
Non morirò, ma resterò in vita
e annuncerò le opere del Signore.
La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
Seconda Lettura Col 3, 1-4
Cercate le cose di lassù, dove è Cristo.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossési
Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.
oppure: 1Cor 5, 6b-8
Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, non sapete che un po' di lievito fa fermentare tutta la pasta? Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete àzzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con àzzimi di sincerità e di verità.
SEQUENZA
Alla vittima pasquale, s'innalzi oggi il sacrificio di lode.
L'agnello ha redento il suo gregge,
l'Innocente ha riconciliato noi peccatori col Padre.
Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello.
Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa.
«Raccontaci, Maria: che hai visto sulla via?».
«La tomba del Cristo vivente, la gloria del Cristo risorto,
e gli angeli suoi testimoni, il sudario e le sue vesti.
Cristo, mia speranza, è risorto; e vi precede in Galilea».
Sì, ne siamo certi: Cristo è davvero risorto.
Tu, Re vittorioso, portaci la tua salvezza.
Canto al Vangelo Cf 1 Cor 5,7b-8a
Alleluia, alleluia.
Cristo, nostra Pasqua, è immolato:
facciamo festa nel Signore.
Alleluia.
Vangelo Gv 20, 1-9
Egli doveva risuscitare dai morti.
Dal vangelo secondo Giovanni
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.